Ci piace pensare che in caso di necessità saremmo capaci di opporci a quello che dice il capo, di intervenire per aiutare uno che viene bulleggiato, di dire No se ci viene chiesto di fare qualcosa di sbagliato; la verità è che in queste situazioni, di solito non ci opponiamo. Vari studi ci dicono che non si tratta di mancanza di coraggio o di senso morale. Per capire un’idea nuova bisogna accettarla completamente per una frazione di secondo. Passato questo tempo, subentra un secondo processo mentale che ci fa rifiutare, dubitare o continuare ad accettare l’idea in esame. Persone che hanno danni o disturbi nei lobi prefrontali del cervello sono molto più incline a seguire ordini perché la parte del cervello responsabile della verifica, cioè della fase che segue quella di totale accettazione, è danneggiata. Più è piccolo un bambino più accetta una cattiva idea, non perché non capisce, ma perché l’area del cervello responsabile della seconda fase non è ancora sviluppata mentre quella della prima fase di accettazione lo è. In pratica il bambino non ci pensa due volte come invece farà più avanti. Ma anche in persone mature questa seconda fase può essere inibita in vari modi e gradi. Per esempio, se persone autorevoli ci chiedono di fare una cosa sbagliata, la zona del cervello preposta alla seconda fase viene inibita; se invece ci viene ordinato (cioè, non semplicemente richiesto), l’inibizione è ancora più marcata. Se poi ci convincono che l’azione sbagliata ordinata è per una causa buona, l’inibizione sale ancora. A volte vengono commesse atrocità da parte di persone condizionate da un fine che, gli viene detto, giustifica il mezzo. Queste persone capiscono benissimo cosa sta succedendo, ma purtroppo non parte il meccanismo di controllo. La scienza sta ora scoprendo quali sono le zone del cervello responsabili del controllo e per il rifiuto di idee sbagliate. Queste aree non sono le aree del coraggio, sicurezza in se stessi, ostinazione; cioè, ‘opporsi’ è una questione di pensiero maturo piuttosto che di carattere forte. La buona notizia è che l’istruzione, lo studio critico (e quindi non mnemonico), l’allenamento al dibattito, la lettura di certi testi e articoli che invitano alla riflessione sono tutte attività che sviluppano le zone prefrontali del cervello coinvolte nella seconda fase. Questa buona notizia dovrebbe interessare molto tutti coloro che sono coinvolti nell’ educazione dei giovani come genitori, insegnanti, presidi, consulenti di programmi scolastici, allenatori di squadre sportive ecc.