Per secoli si è detto che le nostre espressioni facciali sono lo specchio dei nostri sentimenti, ma recenti ricerche dicono che non è così. Per esempio, si pensava che l’espressione di paura fosse universale, ma abitanti della Papua Guinea, a cui viene mostrata una fotografia che per ‘gli Occidentali ‘ mostra una faccia di terrore, vedono invece una faccia aggressiva e minacciosa. Sempre di più si pensa che le nostre espressioni facciali siano strumenti per ‘guidare’ le interazioni sociali, un po’ come la segnaletica stradale che rende più fluido il traffico. Un sorriso, piuttosto che segnalare buon’ umore, allegria ecc. sarebbe un messaggio che dice ‘continua così’; viceversa, una faccia disgustata, in risposta a quello che sentiamo dire, dice al nostro interlocutore di cambiare discorso. Il senso evolutivo di avere sviluppato espressioni facciali per le varie situazioni, è per trasmettere informazioni che siano utili a compiere il prossimo passo; rivelare a quelli attorno come stiamo ‘dentro’ potrebbe addirittura essere rischioso e non utile in chiave evolutiva. Il fatto che le nostre espressioni non siano innate, bensì imparate e relative alla cultura del posto, ha implicazioni pratiche. Per esempio, si stanno sviluppando strumenti di Intelligenza Artificiale per analizzare in tempo reale comportamenti e espressioni facciali di masse di persone (ad esempio in aeroporti) nella speranza di identificare persone malintenzionate. Naturalmente, una faccia intimorita non deve essere confusa con una minacciosa. Per certe espressioni le cose si complicano. Per esempio, una risata ‘nel momento sbagliato’ probabilmente segnala che desideriamo essere ironici o addirittura ostili e non che siamo divertiti là dove non c’è nulla di divertente. Il viso di bambini è molto espressivo fin da quando sono molto piccoli e ben prima di quando incominciano a parlare; lo scopo non è tanto quella di dirci come stanno, ma piuttosto di comunicarci notizie su quello che possiamo fare per aiutarli. Rispondere con espressioni del viso, oltreché con parole, significa sfruttare un potente mezzo di comunicazione in attesa della parola parlata.