Varie ricerche stabiliscono che chi risponde emotivamente a un proprio insuccesso ha più probabilità di non ripetere lo stesso errore rispetto a chi risponde con una analisi razionale. Le sensazioni sono più efficaci dei pensieri nel prevenire lo stesso errore: sentire funziona meglio che capire. Dopo un fallimento molte persone tendono a sopprimere le emozioni e razionalizzare, o tentare di capire, dove hanno sbagliato. Spesso però, proprio per non soffrire, le spiegazioni trovate sono solo delle giustificazioni, che trascurano o sminuiscono certi aspetti e contemporaneamente ne esagerano altri, secondo un disegno che alla fine salva l’onore del ‘colpevole’. Naturalmente, le spiegazioni trovate con l’aiuto di persone imparziali sono molto utili, proprio perché non ‘guidate’ e quindi ‘libere’ di colpire l’emotività del ‘colpevole’. Il punto fermo è che se non si passa attraverso l’emotività è difficile che si impari una lezione utile per il futuro. Ovviamente nel caso di errori puramente tecnici (per es. esercizio di matematica), la spiegazione razionale basta per non ripetere lo stesso errore. Se invece ‘l’errore’ è un quattro in pagella di matematica, meglio lasciare che lo studente pianga. Il problema è che fin da bambini ci viene detto che è importante capire dove abbiamo sbagliato, mentre sarebbe meglio ‘sentire’ gli errori se vogliamo evitare di rifarli.