Si pensava che il rapporto tra ‘desiderio’ e ‘attenzione’ fosse solo uni direzionale. Cioè, se si desidera una cosa allora l’attenzione viene focalizzata su quella cosa. Ora si scopre che il rapporto funziona in entrambe le direzioni: se focalizziamo l’attenzione su qualcosa di potenzialmente desiderabile, ma che in quel momento non desideriamo, nasce il desiderio di avere/fare quella cosa. Più focalizziamo più cresce il desiderio di averla/farla. Focalizzare significa eliminare le distrazioni e ristringere il campo d’attenzione attorno all’oggetto dell’attenzione; questo innescherebbe un meccanismo che ci impedisce di ‘mollare la presa’ e ci inchioda nel desiderio di possedere/fare, nel suo senso più ampio, quella cosa. La questione ha delle implicazioni pratiche in tanti campi. Per esempio, in campo medico, molti pazienti desidererebbero seguire una dieta sana, fare esercizio fisico, prendere certi farmaci in modo regolare, non fosse che non riescono perché vittime di resistenze personali di varia natura (pigrizia, tentazioni varie, incostanza). Se però si porta il paziente a focalizzare l’attenzione sui dettagli della dieta, dell’esercizio, del regime terapeutico, si innesca un meccanismo che supera le resistenze verso i comportamenti consigliati. Stessa cosa con studenti: se li si porta a focalizzare l’attenzione sui vari aspetti della lezione, della lettura, lo studente viene inconsapevolmente catturato in un processo che desidera e che ora gli/le impedisce di estraniarsi. Per conquistare questo livello di attenzione, l’insegnante deve fare molte domande in itinere, come parte integrante della spiegazione. Genitori, insegnanti, medici che si lamentano perché non ascoltati da figli, studenti e pazienti spesso non riescono a calamitare l’attenzione. L’attenzione viene data a chi la sa rubare, con molti vantaggi per il derubato.