Uno studio pubblicato su Child Development e condotto alle università di Chicago e Stanford esamina se in bambini piccoli (uno-tre anni) che compiono delle azioni meritevoli, lodare regolarmente la persona (per esempio: “che bravo bambino!”) o lodare l’azione (per esempio: “ottimo lavoro!”) produce effetti diversi a distanza di cinque anni. I risultati dicono che bambini di 7-8 anni che da piccoli venivano lodati per l’azione (“si vede che hai lavorato sodo!”) si impegnavano in compiti più complessi, e adottavano strategie/soluzioni più elaborate nel svolgerli, rispetto a bambini che da piccoli ricevevano lodi alla persona (“sei proprio grande!”). Per spiegare questi risultati i ricercatori si soffermano sulle risposte che tutti i bambini hanno dato ad una domanda che chiedeva se secondo loro l’intelligenza, e certi tratti della personalità (impegno, costanza ecc.) erano fissi (si nasce così) o malleabili (possono essere sviluppati). La stragrande proporzione dei bambini lodati da piccoli per le azioni, hanno risposto che intelligenza e personalità sono malleabili mentre in quelli lodati come persona prevaleva l’opinione che intelligenza e personalità sono fissi. Gli autori dello studio ritengono che lodare le azioni manda il messaggio che all’origine del successo vi è lo sforzo compiuto e che quindi lavoro e rendimento sono collegati; lodare la persona dice invece che le abilità/risorse con cui nasci sono immutabili e che l’impegno non è il fattore determinante. Questo studio segnala anche una tendenza poco lodevole: genitori di figli maschi tendono a lodare l’azione mentre quelli di figli femmina lodano di più la persona.