Negli ultimi dieci anni studi controllati ci hanno detto che:
A tre mesi di età siamo in grado di distinguere tra persone (sconosciute) che aiutano, e persone che invece ostacolano, terzi a raggiungere un obiettivo e preferiamo i primi.
A tre mesi tentiamo di comunicare con persone che aiutano, piuttosto che ostacolano, terzi.
Già nel primo anno di vita preferiamo persone che ostacolano persone che in precedenza hanno, di proposito, ostacolato altri, rispetto a persone che invece li aiutano. Tale preferenza scompare se le persone che ostacolano non lo fanno apposta e anzi, intendevano invece aiutare il prossimo.
Lattanti spontaneamente (senza imbeccata) tentano di aiutare persone in bisogno di aiuto; prima dei due anni lo fanno anche se questo comporta un costo per loro, come rinunciare a fare una cosa divertente.
Bambini sotto i due anni sono dispiaciuti se uno ha bisogno di aiuto e sono gratificati se riescono ad aiutarlo anche se comporta rinunciare a qualcosa di vantaggioso.
Vi è un rapporto tra empatia nei primissimi anni di vita e comportamenti antisociali più tardi. Per es. essere a 6-14 mesi di età indifferenti verso persone bisognose di aiuto è associato con un aumentato rischio di comportamenti antisociali in età adolescenziale.
L’ambiente (violenza domestica, abusi di varia natura ecc.) concorre a determinare comportamenti antisociali in età adolescenziale in quei giovani che hanno particolari alterazioni di quei geni che regolano i comportamenti sociali. Senza queste alterazioni è molto più difficile che l’esperienza di per se determini un comportamento antisociale.
Riconoscere ed affrontare precocemente segnali di ridotta empatia + individuare coloro, la cui costituzione genetica li rende maggiormente vulnerabili ai rischi ambientali, significa ridurre il rischio di comportamenti antisociali più tardi.
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